La comicità “superospite” al Festival di Sanremo. Certo, c’è bisogno di allegria, ma penso che ci sia anche molto bisogno di approfondimenti e di riflessione.
C’è poco da essere allegri, considerando la situazione generale.
Perché non spalancare gli occhi su quegli scenari troppo spesso dimenticati? L’Italia non è solo la patria di pizza, pasta, sole e mandolino. Ci sono eccellenze in ogni settore, c’è chi ce l’ha fatta e chi non ce la fa pur mettendocela tutta. E che potrebbe farcela. Perché non accendere i riflettori su tutto questo e altro ancora? Perché non parlare anche di cultura, istruzione, medicina, solidarietà, cooperazione (unico momento quello dedicato alla presenza di Fabrizio Pulvirenti, il medico siciliano di Emergency guarito dal virus ebola).
Ricordo ancora con emozione quando sul palco dell’Ariston arrivarono due premi Nobel: Renato Dulbecco, premio Nobel per la Medicina, e Mikhail Gorbaciov, premio Nobel per la Pace.
Mi piacerebbe vedere proiettare al teatro Ariston filmati sull’impegno di Emergency, sui tanti volontari impegnati ogni giorno in Italia e fuori confine, collegamenti con i nostri ricercatori all’estero, con chi ogni giorno combatte la mafia nelle terre vittime della stessa, con i nostri militari in Afghanistan, Libano, Kosovo (il Festival di Sanremo lo aspettano anche lì).
Mi piacerebbe vedere sul palco del Festival di Sanremo una rappresentanza delle “tute blu” in giacca e cravatta mentre raccontano la loro storia, che è la storia dell’Italia, oppure una rappresentanza dei tanti laureati senza un lavoro che vivono a casa con i genitori.
Mi piacerebbe sentire levarsi da quella scenografia un appello accorato per padre Paolo Dall’Oglio, Giovanni Lo Porto e Ignazio Scaravilli (scomparsi in Siria, Pakistan, Libia), di loro non si hanno più notizie da mesi e poco se ne parla.
Mi piacerebbe sentire un appello accorato per i due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.
Mi piacerebbe vedere la gente in piedi ad applaudire e a richiedere un “bis”. Mi piacerebbe sentire come colonna sonora la migliore performance dell’orchestra.
Questa è anche l’altra musica che vorrei ascoltare.
Musica di note, musica di parole, musica di azioni.
Ma sono consapevole che se l’appello lo faccio io da casetta mia è poca cosa…
Non ho nulla contro la comicità, ci mancherebbe (a chi non piace ridere).
Per me quello che storpia, in questo caso, è in particolare la scelta della comicità “amica”. Penso che un’amicizia datata tra i protagonisti sul palco dell’Ariston con tutto il rispetto dei protagonisti, non possa trasformare un amico, benché bravo, in un “superospite”. Anche perché, al di là della lusinga dell’invito, c’è pure un compenso a rendere lieti. O ai “superospiti” non spetta nulla?
Gli amici si invitano a casa propria, dove è lecito mangiare pasticcini davanti a un buon caffè. Gli amici si rendono lieti anche invitandoli a mangiare una pizza. Altrove, o meglio lì dove dovrebbe essere la casa di tutti coloro che pagano un canone, è giusto estendere gli inviti anche a tanti altri che potrebbero dire molto e di importante, seppur non attraverso una battuta.
Non voglio essere noiosa e nemmeno retorica, ma sono convinta che la bellezza sia in tante cose. Cose che l’Italia ha. È importante mostrarle, parlarne, anche al Festival di Sanremo.
La battuta c’è chi la coglie e chi non la coglie. La bellezza, di azioni e gesti, trionfa invece su tutto. Ed è questa bellezza che può davvero riaccendere la speranza e salvarci tutti.
Per tutto il resto, buona visione. E non è una battuta…
Maria Brigida Langellotti