Crederci sempre, arrendersi mai. La sfida dei giornalisti

AssisiSi torna a casa con un po’ di stanchezza, la consapevolezza che ogni giorno è uno stimolo a conoscere cose nuove e che c’è sempre modo per migliorarsi. Sicuramente non avrò il rimpianto di non aver colto un’occasione, in un tempo in cui di occasioni ce ne sono poche e spesso le poche vengono anche tolte. E non avrò il rammarico di aver perso un giorno (pure più di uno tra viaggi ed esame) e un po’ di soldini. Non dirò “si poteva studiare meno perché tanto domande del genere non erano prevedibili”. Penso che arrivare preparati per risultare i migliori sia sempre un dovere e che  la conoscenza non è mai tanta. Per tentare la sorte si può sempre giocare al Lotto. Certo, alcune cose potevano andare diversamente: da un maggiore preavviso ad una sede un po’ più agevole per tutti, fino a domande un po’ più sul giornalismo, ma l’abbiamo pur fatta in quasi tremila la prima prova.

Per quanto mi riguarda, ho sicuramente la consapevolezza che ho ancora tanto da conoscere. Ma ho fatto quello che ho potuto in quel momento, ed è quello che conta. Inoltre, ho avuto lo stimolo a rileggere qualche libro, a mettermi ancora alla prova e poi ho rivisto amici cari e colleghi, che come sempre sono stati solidali e disponibili (tra ospitalità e passaggi), e ho conosciuto altri colleghi in cerca di una collocazione proprio come me. Per una volta non mi sono sentita la solita sventurata e per una volta ho visto tremila giornalisti professionisti tutti insieme. E poi è nato questo gruppo, penso il primo caso simile in rete per un concorso pubblico. Si è sviluppato un confronto e soprattutto tanta solidarietà ed amicizia. Ho letto di scambi di libri, passaggi, appunti. E tutto questo è molto bello, abbiamo dimostrato che la categoria dei giornalisti non è quella che sgomita e “si fa le scarpe”, ma la nostra è una categoria generosa e solidale che sa essere pure divertente.

Insomma, chi ha voluto e potuto ha partecipato al concorso. Chi non lo ha fatto avrà avuto i suoi motivi. In ogni caso si tratta di scelte e di obiettivi, ma soprattutto di coraggio. Chi è arrivato fino a Bastia ha fatto rinunce e sacrifici per essere presente. Non c’entra solo il fatto di avere dei bambini, di non poter prendere giorni di lavoro, ecc. C’è anche chi ha sfidato problemi di salute per essere lì e provarci. La maggior parte di noi ci si arrabatta per svolgere questo lavoro e rimanere nell’ambiente. La maggior parte di noi si è iscritto al concorso per avere una possibilità lavorativa, seppur a tempo determinato. E non solo per avere la contentezza di lavorare in Rai. Quindi chi piú e chi meno ha tentato il concorso perché ha bisogno e non certamente per vedere come funziona un concorso pubblico.

Chi è arrivato a Bastia ha un proprio bagaglio culturale e un certo modo di approcciarsi alle situazioni. Tutti con sacrifici e gavetta alle spalle e con un vocabolario che non può essere limitato in ogni caso o al caso specifico. Non può essere la conoscenza di un arco acuto a fare la differenza tra un giornalista bravo e meno bravo o essere appassionati di cruciverba e quizzettoni. Sono certa che ognuno di noi ha tante conoscenze e chi non ha saputo delle cose alla prima prova d’esame ne saprà delle altre. Non mi sento più in gamba di un collega che non ricorda cosa ha fatto Quintino Sella, saprà certamente cose che io non so. Spesso è anche una questione di fortuna, al di là di una preparazione che deve pur esserci. Ma essendo tutti giornalisti lì, è indubbio che ci fosse preparazione.

Siamo stati tutti bravi: ci siamo iscritti, organizzati e abbiamo partecipato, pur conoscendo quali sono le probabilità di superare la prima prova. Abbiamo mostrato passione, determinazione e coraggio, e per me è già una gran cosa. Un grande in bocca al lupo a tutti, un salutone e un grazie per la solidarietà,  la compagnia e l’ilarità di questi giorni. L’augurio è che ognuno di noi possa trovare la sua strada con soddisfazione, anche se non per tutti ci sarà la possibilità di lavorare in una redazione in Viale Mazzini. E infine… scusate la prolissità

Maria Brigida Langellotti

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