Quella fame d’aria la conosco. Ronzio, prurito, sete, affanno. La pressione sulla gola. La visiera che si appanna continuamente. La voce sempre più flebile, fino a scomparire. Tutto in quella bolla di plastica. Che annienta, ma dà speranza. Quando indossi il casco “Cpap” (sistema di ventilazione assistita non invasiva che aiuta a respirare) è un arrivederci alla vita che pare un tempo senza fine. Si attende di riaffacciarsi alla normalità, aggrovigliati in una ragnatela di tubicini e fili.