“Adesso parliamo e facciamo un discorso da PERSONA A PERSONA”.
“Non piangere, non serve. Non dovevi piangere in negozio per quel motivo e nemmeno fuori”.
Mentre attraverso la strada, vengo richiamata da un tono di voce deciso, ma tenero allo stesso tempo. In modo naturale, mi fermo e seguo con lo sguardo. Mamma, figlio di circa nove anni e una bimba sui quattro anni.
Il bambino singhiozza, con l’orgoglio di chi non vuole essere rimproverato.
La mamma lo trattiene, appoggiando con delicatezza una mano sulla spalla.
Dice al figlio: “Siamo entrati nel negozio per prendere i libri che ti servono a scuola e non per comprare i Lego. Io i Lego non li prendo”.
Il bambino, invece, non è della stessa idea.
Ancora la mamma: “Sai quanto costano quei Lego?! Quanto una giornata di lavoro di papà, di otto ore. Tuo padre esce di casa, per andare a lavorare, quando tu stai ancora dormendo. E torna la sera”.
Il bambino scoppia in un piano liberatorio. Riesce a seguire il discorso della mamma, a interiorizzarlo.
Osservo i loro gesti, le espressioni di ciascuno. Ognuno a voler convincere l’altro.
La donna continua: “Quando eri più piccolo avevi tanti di quei giochi. Ricordi dove li conservavo? In un bidone. Perché non c’era molto spazio a casa. Io e papà ti abbiamo sempre accontentato”.
Ad un certo punto, si sente la voce della bambina: “Mamma, non la voglio più la bambola che ho visto al negozio. A casa c’è Lola, la mia bambola preferita e gioco con quella”.
Ritornano in negozio, per poi andare via con i libri.
Sugli stessi volumi, questi bambini, apprenderanno tante cose. Ma la lezione più grande è arrivata dalla loro mamma. Che ha dialogato con suo i suoi figli, cercando di spiegare le motivazioni di un “no”.
Questa mamma non ha pronunciato un semplice “no” e non ha nemmeno asserito frasi come “si fa come dico io”. Ha detto, invece, facciamo un “discorso da persona a persona”.
È stata determinata nella sua decisione, senza trattare con sufficienza il bambino; ma gli ha dato un ruolo: quello di persona. Una persona che merita una spiegazione adeguata, così come si fa con gli adulti. Gli ha dato importanza, pur non avendo esaudito un desiderio. Ha guidato suo figlio verso una riflessione consapevole, basata sul confronto, sullo sperimentare la delusione, sul mettersi personalmente in gioco.
La stessa lezione è arrivata anche a me, che ho riflettuto su quante volte i più piccoli vengono considerati solo come bambini. Ho pensato quanto sia essenziale considerare la centralità della persona, a tutte le età, perché è un valore in costante divenire.
Ho ravvisato, in tutto questo dialogo, il percorso di una strada educativa che oggi risulta quasi rivoluzionaria, quella di dare “regole” e non “comandi”, spianando traiettorie basilari per la crescita. Le imposizioni generano ostilità e di, conseguenza, inducono una sensazione di inferiorità. Per questo, è fondamentale riuscire a trasformare le informazioni in conoscenza. Tanto in famiglia, quanto a scuola.
Maria Brigida Langellotti