25 luglio 2014: i sigilli sono arrivati all’improvviso. In un giorno qualunque, durante una consueta mattinata di lavoro. Impianti in stand-by e lavoratori “messi in libertà”, all’istante.
Tutti a casa alla Siderpotenza: oltre 250 dipendenti. Tutti turbati e disorientati.
La fonderia non “brucia più” e tonnellate di tondini per l’edilizia sono fermi in magazzino. Da allora, operai, tecnici, mogli, figli, fidanzate, parenti, amici, sindacati, presidiano i cancelli dello stabilimento siderurgico. Non c’è fumo, ma la fiducia nel domani che prevale sul chiacchiericcio.
E’ l’estate calda della Siderpotenza: non un tempo di vacanza, ma di lotta che da giorni prosegue con dignità e determinazione. Incontri, sit-in, cortei. Notti insonni e giornate sempre più lunghe. Sguardi avviliti reagiscono tra incognite e speranze. L’angoscia si incrocia con la solidarietà (tanta) e si trasforma in energia. In quella forza giusta che serve per difendere il posto di lavoro, indispensabile per garantire un futuro alle proprie famiglie. C’è la consapevolezza, in queste ore, che il futuro di tanti sia appeso a un filo.
La posta in gioco è alta, e non può essere diversamente quando c’è in ballo il lavoro a rischio. Non ci sono colpevoli tra gli operai, c’è la voglia di continuare a indossare le loro tute verdi e a riattivare la produzione. Quelle tute verdi le conosco: le ho sgrassate infinite volte per renderle pulite al mio papà e a mio fratello. Partivano prima dell’alba per fare il primo turno e tornavano a casa per l’ora della buonanotte quando smontavano dal secondo turno. E poi, i turni di notte: nella loro tracolla mettevo thermos di caffè e contenitori col cibo. Quante serate trascorse alla finestra quando c’era la neve, sperando di sentire l’auto arrivare.
Quell’auto che ha percorso ogni giorno chilometri e chilometri: dal paese alla fabbrica di Potenza. Una preoccupazione costante di fronte a un lavoro delicato. In una fonderia non ci si può distrarre mai. Papà ha lavorato lì per trentacinque anni, a me e ai miei due fratelli non ha mai fatto mancare niente. Anzi ci ha dato, quando ha potuto, anche il di più. Perché c’era quello stipendio alla fine del mese. Ci ha fatto studiare, acculturare. Ci ha dato la possibilità di capire, di conoscere, di scegliere e la forza di non abbassare la testa. Lì continua a lavorare mio fratello. Lo fa con impegno e con passione. Lo dico con orgoglio, è un gran lavoratore. Come tutti i lavoratori della Siderpotenza: lì si galoppa, non si può essere sfaccendati.
Adesso alle domande seguano le risposte. Alle ipotesi, le certezze. Alle richieste, i fatti. E con questi si riaprano i cancelli della Ferriera.
Ai lavoratori e alle loro famiglie, l’incoraggiamento di mantenere vive forza e speranza
(foto: Andrea Mattiacci)
Maria Brigida Langellotti