C’è un momento per rilassarsi e uno per darsi da fare. C’è un momento per fare tante chiacchiere, e anche opportune polemiche, e un momento per rimanere in silenzio, non sprecare il fiato per conservare preziose energie ed essere di aiuto. C’è un momento per ridere e uno per piangere. Ecco, questo è il momento del dolore, di essere fattivi, concreti, solidali. Poi arriverà anche il momento della riflessione e dell’analisi. Ma oggi no, c’è troppo da fare, gente da salvare, neve da spalare, mani da riscaldare, sguardi da rassicurare, animali da rifocillare.
Quello che sta succedendo in Abruzzo e nei vari territori terremotati del Centro Italia, soprattutto in queste ulime ore, è inconcepibile. Eppure è reale. Prima il terremoto, poi la neve. Infine, il terremoto e la neve insieme che hanno deciso di concentrare tutta la propria forza per spazzare via quel fioco barlume di speranza in chi stava cercando di reagire, dopo il violento sisma di pochi mesi fa. Un Centro Italia flagellato dalle scosse e dalla tempesta di neve.
E anche questa volta, ci sono i morti, si cercano i dispersi, si contano i danni. Disperazione, esasperazione, freddo fuori e dentro. Dentro ai cuori di chi sta vivendo questo dramma.
Come se non bastasse alla cronaca dei paesi isolati, della popolazione infreddolita e senza luce, si aggiunge la cronaca di un altro evento drammatico. In Abruzzo, sul Gran Sasso. La valanga che travolge l’hotel Rigopiano, nel comune di Farindola, nel pescarese, spazzandolo via. E con esso tutta la spensieratezza di una vacanza in montagna. Per i dipendenti e per gli altri ospiti della struttura (all’incirca una trentina in tutto le presenze nell’albergo, anche quattro bambini), sono momenti cruciali ed ore di apprensione. Due persone sono riuscite a mettersi in salvo. Intanto, si continuano a cercare i dispersi senza sosta, mentre, purtroppo, si contano già tre morti (queste le informazioni che emergono da un primo bilancio).
Lì, a 1200 metri di altitudine, c’è adesso un inferno di rovine e neve. Gli sforzi di chi è sul posto per dare aiuto sono davvero sovrumani. Le immagini che vediamo in televisione rimandano ad uno scenario apocalittico. I primi soccorritori sono arrivati dopo ore di marcia sugli sci, di notte. Si scava anche con le mani. Ci sono le unità cinofile, gli uomini del Soccorso alpino, della Protezione civile e della Croce rossa. Ci sono i Vigili del fuoco e i militari dell’Esercito. Impegnati su più fronti anche i carabinieri, gli uomini della Polizia di stato e della Guardia di finanza. Vari gli enti che partecipano alla grande macchina dei soccorsi. E ci sono anche tanti volontari che quelle immagini le vivono direttamente e non attraverso un televisore.
Insieme alla desolazione, c’è anche la rabbia. Comprensibile. Sul ritardo dei soccorsi, sullo spazzaneve che non c’era, sulle richieste di aiuto inviate e, probabilmente, sottovalutate. E anche, diciamolo, sui rischi forse un tantino trascurati. Pieno inverno, scosse in atto da mesi e territorio sismico, nevica da giorni, e comunque sono zone di montagna e turistiche. Certamente si tratta di un fenomeno così violento ed eccezionale, ma non proprio imprevedibile. Il buonsenso rimanda alla prevenzione e all’allerta, la norma richiede mezzi adatti e pronti a partire. Un Piano neve efficace almeno per una prima emergenza.
Ma non sta a me, a noi, giudicare.
Arriverà il momento delle polemiche, delle indagini. Ma non adesso. Ora sforziamoci di rimanere concentrati su una tragedia per salvare il salvabile e, come meglio si spera, più del salvabile. Inopportune, in questo momento, le polemiche. Peggio ancora quelle tanto per fare polemica. A cominciare dalle polemiche sull’uso delle donazioni fatte attraverso gli sms solidali, fino a quelle sul presunto abuso edilizio rispetto alla struttura alberghiera.
Penso che questo sia anche il momento di rimanere ancorati alla propria personalità, senza trasformarsi in improvvisi ed improvvisati “esperti di” a tutti i costi. Oggi qualificato in sciame sismico e metereologia, ieri in terrorismo. Domani chissà. Esperti non solo da casa, ma anche nei salotti tv. Quando, poi, molti di noi sono rimasti ancora alle puntate di “Bim Bum Bam”.
Le domande sono lecite. I dubbi sono umani. La cosa peggiore è quando diventano disumani e si trasformano in parole feroci che colpiscono “alla qualsiasi” come frecce affilate.
Non amo fare della demagogia, figuriamoci in un momento così delicato per tanti cittadini. Ma penso che talvolta sia meglio riflettere sottovoce. E penso anche, soprattutto in questo caso, che servirebbero oltre agli spazzaneve anche degli “spazza-sciocchezze”.
Adesso deve prevalere il rispetto per chi non ce l’ha fatta e per chi è ancora sotto le macerie. Il rispetto per chi si è salvato e cerca i propri parenti e i propri amici. Il rispetto per chi scava al gelo e non sorseggia un caffè bollente adagiato su un comodo divano.
Impariamo, tutti, ad essere più umani. A lasciarci coinvolgere non solo emotivamente, ma anche con azioni concrete. Impariamo a puntare meno il dito e ad usare in maniera più appropriata il dono della parola. Non serve delegare sempre agli altri la responsabilità di un aiuto che, seppur in misura minima e in maniera diversa, potremmo dare ognuno di noi. Non occorre necessariamente mettere mano al portafoglio per fare qualcosa. Ho saputo di ragazzi che si uniscono ad altri volontari e portano il loro aiuto concreto. A questa catena solidale di soccorsi va, sicuramente, il nostro grazie incondizionato. Chi non può essere lì, lo sia con un rispettoso e silenzioso pensiero.
“Ci facciamo coraggio e continuiamo a sperare”: è il pensiero di uno dei parenti dei dispersi all’hotel Rigopiano. È proprio la dignità della popolazione flagellata da sisma e neve, la risposta più eloquente rispetto al chiasso circostante.
Ho cercato di collegarmi al sito dell’hotel Rigopiano, per immaginare la vita nella struttura. Intravedere nella fantasia i tavoli apparecchiati, le risate dei bambini. Ma la pagina web dell’hotel “non è al momento disponibile”. Come del resto tutta l’armonia di pochi giorni fa. Ora al suo posto c’è solo un triste inferno bianco.
Maria Brigida Langellotti