Oriana Fallaci (Firenze, 29 giugno 1929 – Firenze, 15 settembre 2006). Passa il tempo, e come passa. Così, in un battibaleno, una data ci ricorda che sono già trascorsi dieci anni dalla sua morte. Da quando la grande giornalista e scrittrice se n’è andata, trascinando con sé un’affezione senza tempo.
Una morte che ha lasciato un vuoto nel mondo dell’informazione e della scrittura, e un’esistenza che ha tracciato un segno tra i tanti giornalisti, e non solo, che continuano a considerarla un esempio di intelligenza e di bravura. Me compresa. Tanto che, spesso, mi sembra anche sfrontato palare di lei come collega.
Lo ammetto, non sempre ho condiviso le sue idee, ma la sua penna, la penna della Fallaci, mi ha fatto superare anche qualche indugio su riflessioni dissonanti. Nella mia libreria non mancano i suoi libri, accanto a quelli di Tiziano Terzani, altro grande giornalista scomparso nel 2004. Anzi mi piace immaginare un dialogo tra di loro, fatto di lettere, risposte, riflessioni, confronti, scontri. Terzani che scrive alla Fallaci (così come ha fatto nella lettera “Il Sultano e San Francesco”, dopo l’articolo “La rabbia e l’orgoglio” scritto da Oriana all’indomani dell’attacco delle Torri Gemelle, l’11 settembre del 2001). E immagino la Fallacci che risponde con uno di quegli scritti pungenti e diretti.
“…Guarda un filo d’erba al vento e sentiti come lui. Ti passerà anche la rabbia…”, così scriveva Tiziano Terzani a conclusione della sua lettera. Uno stimolo non banale, che sovente faccio mio e che tutti potremmo, anzi dovremmo, considerare.
Nel mentre di questo decimo anniversario, mi ritrovo a rileggere “Oriana Fallaci che intervista Oriana Fallaci”. Libro che mi ha colpito molto e che, per me, racchiude tutto il pensiero di Oriana. Della giornalista in primis. Ma anche della Oriana donna, cittadina, patriottica. Dell’Oriana che convive con “l’Alieno”, come lei stessa definiva il cancro che le consumava la vita.
Proprio in questo libro c’è una frase a me tanto cara. Oriana Fallaci riconosce al giornalismo “…il privilegio d’aver vissuto come un tarlo dentro la Storia…”. L’idea “del tarlo dentro la storia” la trovo davvero calzante per la professione: il giornalista deve vivere le notizie, approfondirle, verificarle, per, poi, raccontare la verità dei fatti. Come faceva Oriana Fallaci.
Maria Brigida Langellotti