L’ho visto nel 2006. A Genova, nel posto più naturale per lui. Era a Castelletto, aspettava l’ascensore che porta a piazza del Portello. Non sembrava che avesse fretta; assorto, si godeva il panorama della città dal belvedere Montaldo in Spianata Castelletto.
Mi sono fermata senza accorgermi della sua presenza. Mi sono seduta su una delle panchine per riprendere fiato e per rigenerarmi di fronte a un panorama così suggestivo, capace di presentare la città nella sua bellezza, tutto d’un colpo.
Stavo tornando a casa dal market più vicino. Vicino si fa per dire. Facevo solitamente quel tratto per andare al supermercato. La salita con i sacchetti della spesa mi spossava non poco. Così avevo preso l’abitudine di rilassarmi pochi minuti in Spianata Castelletto.
È stato proprio in una di quelle soste che ho incontrato Paolo Villaggio. E pensare che non l’ho riconosciuto subito. Anche quel giorno, di ritorno dal market, mi sono seduta sulla panchina, riponendo distrattamente le buste della spesa accanto a me. Ho percepito uno sguardo attento sui miei movimenti. In quell’istante i miei occhi hanno incrociato quelli di Paolo Villaggio. Occhi buoni e curiosi. Ero così impacciata che non mi è venuto subito in mente il suo nome (pensavo piuttosto al suo personaggio, il ragionier Ugo Fantozzi. Il nome Ugo me lo ricordavo bene, tanto che da piccola ho sempre pensato che i miei fratelli avessero chiamato il nostro pappagallino Ugo proprio in onore di Fantozzi).
L’unica cosa che sono riuscita a dire è stata: “Che sorpresa, ragioniere”. A ripensarci adesso mi sento sprofondare. Lui, pacatamente mi ha risposto: “Buongiorno a lei, signorina. Nessuna sorpresa, questa è la mia città”. Faceva un caldo memorabile quel giorno ed io, sentendomi goffa, ho pensato: “Com’è umano lei”. Ho annuito timidamente, ed è bastato per far notare il mio accento. “Ma lei non è di Genova signorina!”, ha esclamato Villaggio. Prontamente ho risposto: “Vengo dalla Basilicata. Sono qui per lavoro e ho trovato una stanza in questa zona, proprio lì, al di là di quelle scale”. “Bene, si troverà bene. Benvenuta a Genova e si goda questo panorama spettacolare. Vede, io prima di scedere, adoro affacciarmi qui e cogliere tutta la meraviglia che c’è”, ha aggiunto il noto attore prima di salutarmi con una stretta di mano e prendere l’ascensore.
Era giugno del 2006, un’estate calda. L’anno dei mondiali, dell’arresto del principe Vittorio Emanuele di Savoia, coinvolto nell’inchiesta dell’allora pm di Potenza John Woodcock. Era l’anno in cui ho trascorso i primi due mesi estivi nella redazione del quotidiano genovese “Il Secolo XIX”.
Avevo trovato casa su internet, in zona Castelletto. Un colpo di fortuna, con un po’ di sana incoscienza. Una stanza in una casa con altre tre ragazze. Ho agito di intuito, ma coraggio e spirito di adattamento sono stati premiati poiché la casa, seppur piccola, era in una bella zona e le coinquiline tranquille.
Ho voluto fortemente quell’esperienza nel quotidiano genovese. Ho imparato a conoscere e ad amare quella città attraverso le canzoni di Fabrizio De André, per me mitico per sempre. Così, spinta dalla curiosità di conoscere i posti citati dal grande Faber e motivata dal desiderio di cimentarmi in una nuova realtà, al fianco di nuovi colleghi (ero alle prime armi come giornalista), ho fatto le valigie e sono salita su un Intercity notte che mi ha portato a Genova.
Due mesi che mi hanno regalato molto, in termini professionali ed umani. Una redazione competente quella de “Il Secolo XIX”. Tanti i colleghi che ricordo con affetto e tra questi anche colleghi giornalisti che ho il piacere di sentire ancora. Un banco di prova importante che mi ha dato l’opportunità di imparare tanto e anche di dare un piccolo contributo: quando si dice il caso… Io, lucana, ero a Genova mentre il principe Vittorio Emanuele di Savoia era in carcere a Potenza. Quanti contatti con i colleghi della Gazzetta del Mezzogiorno sulla vicenda del momento.
Ma ancora Genova mi ha presentato i posti più cari a De Andrè, da via del Campo il negozio di dischi di Gianni Tassio, con in vetrina le chitarre del cauntatore genovese, ai caruggi ricchi di colori e di poesia.
Genova multiculturale, con il suo dialetto e i vari accenti. Genova dai mille profumi e sapori. Quante passeggiate, durante la pausa pranzo, in via del Campo con la musica di De André come sottofondo, tra le mani un pezzo di focaccia genovese, o la farinata, o la focaccia di Recco.
È stata anche la prima volta che ho vissuto in toto una città con le sue contraddizioni: i vicoli da attraversare tutto d’un fiato nella città vecchia, fino all’elegante piazza De Ferrari. Anche la prima volta che ho visto coppie gay mano nella mano con naturalezza.
Genova sorprendente, che mi ha regalato anche l’incontro con Paolo Villaggio. Di quel momento non ho una foto, non avevo ancora il cellulare con la fotocamera e non giravo con la macchina fotografica. Da quel giorno, per tutta la mia permanenza a Genova, ho preso l’abitudine di portare la mia Kodak nella borsa e anche di fermarmi più spesso in Spianata Castelletto. Con la speranza di rivedere Paolo Villaggio e magari abbozzare un discorso più intelligente da parte mia, ma anche per seguire il suo suggerimento e godermi quel “panorama spettacolare”.
Quante volte ho ripensato a quell’incontro, agli occhi buoni di Paolo Villaggio, alle sue parole, al mio fare impacciato. Quante volte ancora oggi penso che sia fondamentale in ogni situazione “cogliere tutta la meraviglia c’è”, facendo mio il suggerimento di Paolo Villaggio.
Grazie ragionier Fantozzi, per i sorrisi che ci hai regalato. Grazie per aver mostrato con semplicità ed ironia i pregi e i difetti della nostra società. Grazie per averci fatto confrontare con i limiti che accomunano tutti e per aver sottolineato come nessuno è perfetto.
Cieli blu e stelle luminose. Sorrisi da quaggiù e carezze dal cielo.
Maria Brigida Langellotti
Molto belle le tue parole per raccontare le emozioni che hanno attraversato la tua mente e la tua anima nell incontro casuale col noto grande attore, ma anche e soprattutto per raccontare Genova, in poche settimane sei riuscita a coglierne molto della sua essenza quello che io invece, ormai genovese di adozione, ho impiegato molto più tempo a fare.. . E poi spianata castelletto un luogo incantevole uno dei tanti con cui Genova si sa saper amare. Spero e ti augoro allora di tornare per respirare ancora l atmosfera divenuta ancor più suggestiva dopo la prova immensa di coraggio umanità e solidarietà che le persone di qui hanno saputo sostenere in risposta ai tragici eventi della sciagura del crollo del ponte Morandi.
Genova va apprezzata, piano piano. Io sono rimasta colpita da tante cose, ma i carrugi penso rappresentino il cuore pulsante e più autentico della città. Poi i vicoli che parlano di De André sono straordinari. Come straordinario è stato l’incontro casuale con Paolo Villaggio. I genovesi, in particolare dopo il crollo del ponte Morandi, hanno saputo dimostrare, ancora una volta, di essere un popolo fattivo e coraggioso. E questo rende ancora più grande la città di Genova e i suoi abitanti.