Se chi deve andare in pensione ci andasse davvero, sarebbero sicuramente maggiori gli spazi per i tanti aspiranti lavoratori che inseguono il “sogno” di avere un impiego (cosa che, invece, dovrebbe essere un diritto sacrosanto). Mettiamo la crisi, mettiamo la cattiva gestione delle risorse, consideriamo il sempre esistito clientelismo, e poi mettiamoci anche i pensionati che continuano a svolgere vecchi e nuovi impieghi. Ecco, come in Italia gli spazi si restringono e la disoccupazione dilaga.
In ogni settore, dal giornalismo alla sanità, alle industrie. Quanti giornalisti pensionati continuano a scrivere in sordina nelle redazioni o inviano gli articoli comodamente da casa? Un fatto non tanto in sordina, dal momento che hanno contratti di collaborazione con ridenti compensi “a pezzo” (a differenza dei magri compensi a modulo per i giovani collaboratori che, invece, determinano in maniera importante il contenuto dei quotidiani). E quanti medici vanno in pensione nella struttura pubblica per avere già il giorno dopo una targhetta in qualche reparto di una struttura privata? Stessa cosa per gli imprenditori: oggi manager in un’azienda e all’indomani della pensione al vertice di un’altra società. Gli esempi potrebbero continuare, non ci vuole molta fantasia per avere un quadro generale di cosa succede dalle noste parti.
Nel Bel Paese, per questo, il mondo va all’incontrario: cresce il numero dei laureati, cresce il numero dei pensionati che continuano a lavorare e cresce anche il numero dei giovati inoccupati. E non perché tali giovani siano meno capaci dei pensionati. Che non si giustifichi, infatti, lo stato delle cose dicendo che i pensionati continuano a ricoprire incarichi forti della loro esperienza e professionalità. A far accaparrare l’incarico, molto spesso, non sono solo gli anni di esperienza o la professionalità, bensì il prestigio conquistato nel tempo che può portare ricadute positive per quella o per l’altra struttura e azienda che assumono.
Non è una novità. Il paradosso è sotto gli occhi di tutti e persevera nella totale indifferenza. Salvo, poi, utilizzare, di fronte ai drammi della crisi, l’hashtag “Siamo tutti…”. Invece, ogni giorno dovremmo pensare che “Siamo tutti esseri umani” e che “Il lavoro è un diritto per tutti”.
Il pensionato non deve dimenticare di essere stato un lavoratore, ma dovrebbe ricordarsi anche di essere in pensioni e godersi questa nuova fase della vita. Facendo un grande augurio ai tanti giovani che cercano di ritagliarsi un posto nel mondo del lavoro. Fare un passo indietro non è una cosa grave. Anzi può essere un segnale di grande umiltà ed intelligenza.
Per costruire un futuro dignitoso per tutti è necessario far girare l’economia in ogni famiglia. Altrimenti i pesci piccoli rimarranno sempre piccoli e quelli grossi diventeranno sempre più grossi. Per questo, un ricambio generazionale non guasterebbe, anzi tutti sarebbero più felici e appagati.
Maria Brigida Langellotti