A chi non si arrende

Un pensiero sommesso e commosso per Valeria Solesin, vittima del terrorismo in un “tranquillo” venerdì sera. Era in Francia per proseguire i suoi studi. Era al Bataclan quel tragico 13 novembre per trascorrere una serata spensierata. Nell’attentato per mano dell’Isis è morta insieme ad altre 129 persone innocenti.

Una cerimonia commossa per dare l’ultimo abbraccio alla giovane Valeria Solesin, salutata dai suoi cari, dagli amici, dai cittadini che non fanno mai mancare il loro affetto, e dalle istituzioni che hanno voluto funerali di Stato. Istituzioni che dovrebbero esserci sempre per far sentire il loro afflato quando si muore da innocente e quando si muore mentre si è impegnati in attività umanitarie e in missioni di pace.

Non ho seguito in diretta l’intero rito funebre, ho ascoltato soltanto le parole dignitose del padre, che dimostrano la nobiltà d’animo e la civiltà della famiglia di Valeria Solesin, specchio di questi valori. Sono rimasta colpita da un dolore composto e da parole di pace e speranza.

Colpita anche dalla presenza discreta di Gino Strada, fondatore di Emergency, così come resto colpita da ogni sua straordinaria attività.

Non ho seguito in diretta tutto il funerale di Valeria, ma il mio pensiero è stato costante. Ho pensato a tutte le 130 vittime che hanno perso la vita in Francia il 13 novembre. Tra loro anche un’altra vittima di origini italiane, Pierro Innocenti che gestiva in Francia un ristorante italiano. È morto al Bataclan insieme al suo socio Stéphane Albertini.

Lo stesso pensiero ha portato la mia mente ai tanti colleghi, cooperanti, soldati, che nel tempo hanno perso la vita, uccisi dal terrorismo e dai conflitti, mentre svolgevano il loro lavoro, facevano il proprio dovere. Chi alcuni anni fa, chi in anni più recenti. Solo per citarne alcuni. Come dimenticare le colleghe Ilaria Alpi, Maria Grazia Cutuli, uccise rispettivamente a Mogadiscio e in Afghanistan. Come dimenticare i tanti soldati italiani morti durante le operazioni di pace. Come dimenticare la morte di Fabrizio Quattrocchi, ucciso in Iraq. Come dimenticare le vittime del terrorismo nostrano – dai giudici Rosario Livatino, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, a Peppino Impastato, ai giornalisti Mario Francese, Giuseppe Fava, Giancarlo Siani – uccisi da mafia, ‘ndrangheta e camorra.

Ho pensato intensamente a Vittorio Arrigoni e a Giovanni Lo Porto, i due cooperanti italiani che operavano in zone di guerra (Striscia di Gaza e Pakistan), uccisi, non tanto tempo fa, mentre erano impegnati in attività umanitarie. Il mio pensiero è andato anche al collega Simone Camilli, il giornalista rimasto ucciso, l’anno scorso,nell’esplosione di una bomba a Gaza. Ha lasciato una compagna e una figlia piccola. Ho pensato al fotoreporter Andrea Rocchelli, rimasto coinvolto l’anno scorso, insieme al suo interprete russo, in un conflitto a fuoco durante gli scontri in Ucraina. Anche lui ha lasciato una compagna e una bimba piccola.

Penso costantemente a padre Paolo Dall’Oglio, rapito in Siria nel 2013. Spero che faccia ritorno presto a casa.

Eppure, per gran parte di loro si è sentito parlare poco, non ci sono stati grandi approfondimenti mediatici sulla loro scomparsa. Non c’è vena polemica in questo pensiero, né l’intenzione di essere poco delicata. Ma è semplicemente una riflessione da cittadina italiana. Penso che, in alcuni casi, si sappia appena cosa facessero oltre ai confini italiani, chi erano, da dove venivano, come stanno le loro famiglie. Eppure avevano un’esperienza caratterizzata da impegno ed umanità, un impegno da Nobel. Lavoravano in silenzio e sono morti quasi nel silenzio. Per loro non ci sono stati tanti approfondimenti mediatici, nessun inno nazionale ai funerali, oltre all’assenza delle istituzioni più alte. Se ne sono andati tra le lacrime di familiari, amici e comuni cittadini. Quei cittadini italiani che sanno esserci sempre, da Nord a Sud.

Anche loro appartenevano allo stesso Stato italiano, a volte mi stupisco (e dico purtroppo) di come possano esistere condizioni diverse, ricordi diversi, morti considerate diverse. Ma la morte è uguale per tutti, mi viene da pensare quanto recitava Totò nella sua poesia “‘A livella”. Consapevoli o meno, insomma, nessuno cerca la morte.  In tutto questo, penso che la vera forza stia nel fatto che l’Anima si distacca dai corpi e sopravvive nel ricordo e con l’esempio che, attraverso il loro impegno, questi grandi connazionali morti prematuramente ed innocentemente ci hanno lasciato. Restano Anime belle, come quella di Valeria Solesin. E continueranno ad essere simili agli Angeli.

L’impegno di Valeria Solesin e l’atteggiamento misurato e pacifico della sua famiglia e del suo fidanzato hanno dato a tutti una grande lezione di civiltà: anche a loro oggi mi stringo, certa che il loro dolore sarà così acre come quello di chi ha perso un caro da innocente.

Resteranno una lezione di umanità e di coraggio le parole di Alberto Solesin, padre di Valeria, che nel giorno dei funerali di sua figlia ha, tra l’altro, detto: “Grazie ai rappresentati di tutte le religioni presenti. Dedichiamo la sua vita ai ragazzi come lei, grazie a chi non si arrende”.

Un pensiero: credo che il momento del dolore si rispetta, si analizza, si elabora. Necessita riflessione e spesso anche silenzio, specialmente quando non si hanno cose interessanti da dire. Sí, hanno ragione coloro che dicono che si deve guardare avanti, che bisogna reagire con il sorriso per non darla vinta al terrorismo. Ma tutto ha un tempo. Non si può fare finta di nulla e pensare di andare in piazza a canticchiare il giorno dopo gli attentati di Parigi, o di qualsiasi atto di violenza, come se nulla fosse. È necessario sapere quanto accaduto, capire cosa sta succedendo, spiegarlo ai bambini. Perché è proprio la conoscenza che aiuta ad affrontare le cose, e potrebbe dare gli strumenti giusti per mettere in pratica logiche, azioni ed atteggiamenti appropriati nelle stanze del potere così come nelle azioni quotidiane.

Una riflessione: la gente comune sa dimostrare un cuore grande in ogni occasione di raccoglimento e saprà esserci sempre. L’auspicio é che anche le istituzioni possano esserci sempre per tutti, con una presenza di vicinanza e con azioni concrete. Che l’Equità e la ricerca di Giustizia possano prevalere sull’indifferenza, sempre.

Una certezza: la solidarietà, la pace e la speranza resteranno le risposte più efficaci agli atti di violenza, di odio e di terrorismo.

Una speranza: che il tricolore italiano anche nei giorni di dolore sventoli orgogliosamente in segno di resistenza per onorare chi non si arrende.

Un invito: “Restiamo Umani”. Lo ripeteva sempre Vittorio Arrigoni, Vik, dalla Striscia di Gaza: “Restiamo Umani”, “Stay Human”.

Maria Brigida Langellotti

One thought on “A chi non si arrende

  1. jo ha detto:

    È tutto vero quello che hai scritto…la speranza sarà l’ultima a morire. Bisogna crederci sempre fino alla convinzione. Un grosso in bocca al lupo per il tuo proseguo.

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